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Il nome Multicolor suona relativamente nuovo nella scena rock calabrese: attivi da poco più di un anno, ma già con un ottimo album d'esordo all'attivo, First Spaceship on Venus (Mad Noises, 2010).
In realtà il gruppo nasce dalle ceneri degli Shale, di cui conservano chitarre e voce, coadiuvati dal chitarrista dei Miss Fraulein (qui nelle vesti di bassista), e dal batterista degli Amanita Jazz. Tutta gente con un'esperienza live di lungo corso sui palchi calabresi e non, cosa che traspare dalla pulizia e dalla professionalità con cui la band affronta i concerti.

Una musica che si diffonde fluida e avvolgente e ci accompagna in un viaggio dalle mille sfumature.
La musica dei Multicolor vive tutta di intrecci, come suggerisce il nome stesso del gruppo: intrecci fra le chitarre elettriche, intrecci fra elettrico e acustico, intrecci di voci, colpi di batteria dai sapori jazzy, e anche un moog che dona al tutto quell'inconfondibile aura vintage.
Vintage appunto, come appare in prima battuta la musica del gruppo: non si può fare a meno di volare col pensiero ai Pink Floyd, al prog Canterburyano di Soft Machine e Gentle Giant, ma soprattutto a tutta la psichedelia west coast, Crosby Stills Nash & Young, Buffalo Springfield, i Jefferson Airplane nei loro pezzi più riflessivi. 

Questa sequela di nomi più o meno celebri non rende però giustizia al sound dei Multicolor, che conserva, accanto alle varie radici riconoscibili, un'impronta del tutto personale, che si rifà ad un'atmosfera quasi cinematografica, da fantascienza anni '50 (come testimoniamo il nome e l'artwork del disco, ispirati al cult movie del 1960 diretto da Kurt Maetzig). Una musica che, come quel cinema, può avere mille chiavi di lettura, e conquistare senza sforzi sia l'ascoltatore superficiale, che quello più attento alla tecnica e al lavoro che sta dietro a canzoni che però sanno reggersi benissimo in piedi da sole.

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Size
32.3 MB
Duration
3:12
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